BRUXELLES – Per partecipare ad una gara d’appalto non si può imporre alle imprese di conoscere la giurisprudenza nazionale ed è possibile avvalersi delle capacità e dei requisiti di uno o più soggetti terzi – ivi comprese le referenze bancarie – in aggiunta ai propri, per soddisfare i criteri richiesti.
É quanto stabilisce la Corte europea di giustizia, rispondendo alla richiesta del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, alle prese con una complessa disputa fra la CGRT Srl e la ATI Pizzo, sulla gara d’appalto del 2012 dell’Autorità portuale di Messina per il servizio quadriennale di gestione dei rifiuti e dei residui del carico, prodotti a bordo delle navi.
La Corte di Giustizia specifica che, “beninteso, il bando dell’appalto può prevedere espressamente dei limiti alla possibilità di fare ricorso alle capacità di terzi nel caso specifico: spetterà al giudice nazionale il compito di verificare l’esistenza e la portata di eventuali clausole in tal senso”.
Quanto all’obbligo di pagamento del contributo all’Autorità di Vigilanza, la Corte Ue afferma che “in materia di appalti pubblici di opere o di servizi, la possibilità di un’impresa di partecipare a una gara non può dipendere dalla sua conoscenza della linea interpretativa seguita dai giudici dello Stato in cui si svolge la gara, perché in questo modo le imprese straniere sarebbero discriminate rispetto a quelle locali” e quindi “l’amministrazione aggiudicatrice, in un’ipotesi del genere, dovrebbe quantomeno accordare al concorrente escluso un termine aggiuntivo sufficiente a permettergli di regolarizzare la propria posizione”.