Il Consiglio di Stato sulla riforma dei porti: il nostro approfondimento

ROMA – Il Consiglio di Stato nella sostanza dà parere favorevole al decreto sulla riforma della portualità italiana. La Commissione speciale ha licenziato le dovute osservazioni che sono contenute nel documento n. 01142/2016 alla data 09/052016. Nelle varie adunanze, la Commissione ha passato in rassegna il decreto legislativo recante “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le  di cui alla legge 28 gennaio 1994, n.84”.

E’ stato rilevato che la “delega” attuata dal Governo era ed è circoscritta espressamente al numero, all’individuazione delle Autorità di sistema nonché alla governance, tenendo conto del ruolo delle Regioni e degli Enti locali e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti. Il Ministero, già, aveva espresso perplessità sulle richieste dell’ANCI di prevedere per la nomina dei Presidenti delle AdSP l’intesa con il Sindaco del Comune sede dell’Autorità e di integrare il Tavolo nazionale con rappresentante dell’Ente locale.

“La Commissione speciale, considerato i rilievi di ordine generale, gli obiettivi della riforma, esprime apprezzamento circa gli obiettivi, opportunamente contestualizzati da cui emerge come il disegno di riorganizzazione sia in linea con i principi ispiratori del più ampio disegno di riordino dell’amministrazione, al fine di perseguire lo scopo comune di potenziare l’efficienza, contenere la spesa e razionalizzare la governance”; questo si legge nella formulazione del parere della Commissione. Un dato sembra indiscusso e cioè che l’aspettativa del ruolo strategico della riforma per conferire snellezza e agilità all’attività pubblica dei porti, connetterla con il mondo economico, produttivo e sociale, con l’azione imprenditoriale dei privati e le istanze delle comunità locali, si potrà solo valutare nel medio e lungo periodo.

Come pure l’enunciato della riforma “Fare del ‘sistema mare’ il motore di uno sviluppo economico che crei valore a partire dalla posizione geografica dell’Italia, nel cuore del Mediterraneo, con le sue migliaia di chilometri di coste, così da rilanciare il ruolo naturale di protagonista del collegamento tra Oriente ed Europa, che peraltro ne ha caratterizzato la storia” non può essere declinato solo per legge. La Commissione si auspica che la riforma sia veramente strategica  e di necessaria apertura al mondo della logistica e dell’intermodalità; non sia solo lieve riduzione del numero  dei vertici territoriali di governo dei porti, introducendo centri di potere  intermedi, istituendo “tavoli” di coordinamento a livello locale e nazionale.

Inoltre, la Commissione ritiene pertinenti  le obiezioni sollevate dalle Regioni al fine di completare la riforma: l’istituzione sul territorio nazionale di ambiti logistici di area vasta, che coinvolgano soggetti pubblici e privati e, in particolare, i gestori delle altre infrastrutture, ferroviarie, stradali , aeroportuali; la possibilità di estendere alle aree retroportuali i regimi fiscali e doganali applicati ai porti; l’intervento ulteriore sulle norme concernenti il dragaggio. Sulla possibilità, invece, parimenti avanzata dalle Regioni, di regolamentazione delle AdSP sotto forma di S.p.A. pubbliche partecipate, il Consiglio esprime perplessità, trattandosi in sostanza di adottare un modello difforme da quello del decreto.

La Commissione pur accettando l’impianto del decreto,  in particolare sulla riorganizzazione portualità, avverte la necessità di segnalare il rischio che la pur evidente razionalizzazione possa essere inficiata da “duplicazioni” di centri decisionali, con conseguente inattendibilità anche delle previsioni di “invarianza dei costi”, laddove è prevista l’istituzione degli Uffici territoriali da parte delle Autorità di Sistema, mantenendo così lo stato di “frammentazione” degli stessi centri decisionali. Sulla composizione del Comitato di Gestione, la Commissione fa notare che è troppo sbilanciato in favore della componente designata dagli enti territoriali, venendo meno la componente socio-produttiva; in questo modo prevale un approccio  di apparato amministrativo rispetto a un approccio “problem e consumer-oriented”.

Spostando così il potere decisionale nelle mani dello Stato e della politica, accentuando il criterio politico, unico principio per la distribuzione delle risorse economiche. Poi il documento del Consiglio di Stato continua sull’analisi dell’articolato.

 

Abele Carruezzo