LIVORNO – Le Autorità Portuali hanno le potenzialità per rinnovarsi e per sostenere una nuova rinascita, ma attenzione, potranno riuscirci solo e soltanto se sapranno acquisire una forte autonomia funzionale e finanziaria, e se sapranno sviluppare una cultura aziendale (societaria) adeguata.
Dalla Sala Ferretti della Fortezza Vecchia, affollatasi ieri sera in occasione della inaugurazione del Livorno Port Center, il segretario dell’European Community Shipowners’ Association (ECSA), Patrick Verhoeven, lancia un messaggio che i suoi interlocutori non hanno potuto non recepire.
Il commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Livorno, Giuliano Gallanti; il numero uno di Confetra, Nereo Marcucci, e il presidente della Port Authority di Marina di Carrara, Francesco Messineo, sono i protagonisti di una tavola rotonda dedicata al tema della riforma della governance delle Autorità Portuali e durante la quale il numero il numero uno dell’Associazione che raggruppa le principali associazioni armatoriali presenti in Europa e Norvegia, ha potuto illustrare i contenuti della sua tesi di dottorato (Phd Thesis) discussa all’Università di Anversa il 1° settembre.
È stato il numero uno dello scalo labronico a vestire i panni del moderatore e a definire lo studio (intitolato “Economic Assesment of Management Reform in European Seaports) un teston basilare: «Verhoeven è uno dei massimi esperti internazionali in tema di porti – ha detto – e sono contento che abbia accettato di presentare la sua tesi proprio a Livorno, si tratta di un libro che – ne sono sicuro – susciterà un grande interesse, specialmente in Italia».
Sintetizzando al massimo, L’idea principale – snocciolata nella tesi di dottorato – è che l’unica via da percorrere per far fare un salto di qualità ai 93 core ports dell’Ue sia quella di puntare ad una riforma che garantisca loro una sostanziale e formale indipendenza.
Da chi o da che cosa? Dal giogo dei poteri politici, innanzitutto. Il numero uno dell’ECSA è chiaro e la sua tesi non lascia spazio a fraintendimenti: «Abbiamo notato – si legge nello studio – che le attuali port governance traditions non riescono più a fornire adeguate condizioni di sviluppo ai porti più grandi. La corrente di pensiero che va per la maggiore in Europa ritiene che le port authorities debbano avere un ruolo autonomo».
Verhoeven avverte che l’adesione ad un modello di governo più indipendente è un trend in via di sviluppo che sta interessando un numero sempre maggiore di porti europei. Già nel 2010 – ricorda Verhoeven – il 46% delle 66 port authorities del core network che avevano deciso di rispondere al sondaggio conoscitivo promosso dalla Sea Ports European Organization (ESPO), dichiararono di avere in un modo nell’atro “an indipendent status”. Nel 2015 questa percentuale è salita al 50%.
Per il segretario generale dell’ECSA, avere un independent status vuol dire sostanzialmente avere tre cose: un’autonomia funzionale, un’autonomia finanziaria, una corporate governance (ovvero un cda snello che decida velocemente nell’interesse del porto e che non sia influenzabile politicamente) e dei contrappesi a livello normativo che impediscano casi di abuso di potere.
«Quello di Verhoeven è un testo del quale consiglio la lettura soprattutto in Italia – ha detto Marcucci -, nel nostro paese si parla anche troppo spesso di autonomia finanziaria, declinando il tema nel modo sbagliato, come se si trattasse soltanto di capire quanti soldi girare ad una autorità portuale piuttosto che ad un’altra. Parlare di autonomia, nel significato alto che dà alla parola lo stesso Verhoeven, vuol dire avere la capacità di gestire autonomamente le risorse incamerate dalle tasse e dai diritti portuali».
«Marcucci ha ragione da vendere – ha aggiunto Francesco Messineo – nel nostro Paese l’unica autonomia concessa alle Autorità Portuali è quella legata alla ripartizione del fondo formato dall’1% dell’Iva complessivamente raccolta dai porti con un tetto sino a 90 milioni di euro».
Il presidente dello scalo di Marina di Carrara ha cercato di confrontare i risultati cui è approdato Verhoeven nella sua tesi di studio con quella che oggi è la realtà italiana, offrendo degli spunti che potrebbero (anzi dovrebbero) essere gli obiettivi da perseguire da una solida riforma della legge 84/94.
«Parlare di Autonomia funzionale vuol dire avere un pieno e unificato controllo sui beni del demanio marittimo – ha spiegato Messineo -, in Italia le Autorità Portuali hanno invece un potere parziale: c’è infatti un ente terzo, che è l’agenzia del demanio, con il quale occorre confrontarci anche quando si tratta di procedere a riqualificare le banchine o a demolire un magazzino. In Italia anche la costruzione di una briccola richiede una variante al Prp».
Messineo ha poi ricordato che nel bel paese le tasse portuali e di ancoraggio sono determinate a livello nazionale, e che ad un Armatore basta pagare un abbonamento mensile o annuale ad un singolo porto per acquisire il diritto di entrare gratis in tutti gli altri. «Questa autonomia molto limitata fa sì che una Port Authority non abbia altra scelta che quella di chiedere finanziamenti statali o regionali per portare avanti i propri progetti infrastrutturali. Il problema è che spesso e volentieri è la scelta a favore di finanziare un progetto infrastrutturale a scapito di un altro viene fatta sulla base di valutazioni di tipo politico».
Insomma, per Messineo il morale della favola è questo: «Verhoeven dice che un sistema funziona ed è virtuoso se all’autorità portuale viene pagato il servizio che offre: quali sono questi servizi? Banchine funzionali, fondali adeguati, dighe foranee sicure, sistemi di security funzionanti, buoni collegamenti con i corridoi terrestri. Questo è quello che vende l’Ap. A fronte di tali servizi in tutta Europa le AP chiedono un fio, una tariffa. Patrick dice che Rotterdam è il porto più caro di tutti: perché allora gli operatori scelgono comunque il più grande scalo portuale d’Europa? Perché pagano a fronte un servizio migliore.
E come se, per andare a Roma, prendessi l’interregionale e non il Freccia Rossa, ha senso pagare di meno ma ad avere poi altri extra costi legati ad inefficienze e perdite di tempo?».