All’incontro di martedì prossimo, 1 aprile, con il Ministro Lupi, alla presenza dell’intero cluster marittimo portuale, il Pd presenterà la propria riforma sulla portualità italiana; già si susseguono i numeri delle autorità portuali, prima sette, poi otto, ora forse dodici o quattordici e più si avvicina la campagna elettorale europea più aumenta questo numero sostenuto dalle varie hashtag dello stesso partito del premier.
Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia, responsabile infrastrutture del Pd e portavoce autorevole del partito di Renzi, nel presentare alla stampa, giorni addietro, le linee essenziali della loro riforma dei porti, ha già incassato il sì di Assoporti, almeno per gli esponenti delle autorità portuali di area Pd, consultati i giorni scorsi, ed ha l’ok di massima del Ministro Lupi; di certo la proposta sarà portata all’attenzione di Camera e Senato, senza passare per “decreti”, visto che la riforma portuale è una parte fondamentale delle riforme che il governo vuole attuare.
I pilastri della riforma del Pd: una diversa classificazione dei porti, riduzione delle Autorità Portuali, definire competenze e ruolo della Authority, modifica del Titolo V della Costituzione e autonomia finanziaria. Per la Serracchiani i porti si classificano in base alla mobilità dei flussi merceologici; come ha già sancito la UE individuando i porti strategici, i core port. Non si parla di “governance” poiché le decisioni e metodo sono lasciati al Ministro Lupi; ma non sappiamo se Lupi pensa ad un soggetto pubblico con più poteri o pensa ad un modello europeo da aziende por
tuali. Come pure, dopo tanto parlare dello stesso ministro dei distretti logistici, diventa difficile, in Italia, il “fare”; si rimanda all’ennesimo piano nazionale della logistica che tracci i distretti non con il compasso della politica, ma nel rispetto di un territorio che seriamente dovrà servire le supply chain dei flussi materiali ed immateriali.
Certo non è dato sapere come il Pd giunga ad affermare che quattordici autorità portuali bastino e non si conosce la metodologia per definire la strategia portuale di una Italia protesa nel Mediterraneo. Come pure si riveda il costo per un corridoio (Tirreno- Adriatico, Napoli- Bari) che dovrà traforare gallerie e montagne, rispetto ad un corridoio tutto adriatico, già naturalmente predisposto, che potrà sostenere lo sviluppo dei trasporti da e per l’Europa e competere sui costi e tempi di realizzazione.
Abele Carruezzo