Assiterminal, l’associazione dei terminalisti portuali italiani, chiede nuove regole per dare sviluppo a un comparto in sofferenza come quello dell’economia del mare. La portualità italiana ha, infatti, chiuso il 2013 con volumi complessivamente ancora inferiori rispetto al 2007, prima dell’inizio del periodo di crisi.
Oltre alle difficoltà comuni ad altri settori industriali, come alto costo del lavoro e tassazione elevata, hanno spiegato i rappresentanti dell’associazione in una conferenza stampa, il settore portuale ha sopportato un eccessivo incremento degli oneri, come ad esempio l’aumento dei canoni di concessione, delle tasse e dei diritti portuali.
La tendenza al gigantismo navale e la concentrazione fra gli operatori comportano la necessità di nuovi importanti investimenti da parte delle società terminalistiche – hanno sottolineato – ma anche di scelte di programmazione delle opere pubbliche mai fatte fino ad ora, con un assetto normativo come quello della Legge 84/94 che non si riesce ad adeguare alle esigenze del mercato.
Il disegno di legge di riforma all’esame del Senato è, infatti, “peggiorativo” rispetto all’esistente, e presenta “nuovi vincoli alla libertà e all’organizzazione del lavoro e con una evidente inadeguatezza dei regimi concessori per nuovi investimenti”. I terminalisti italiani avanzano quindi una serie di proposte. Tra le prime richieste la certezza e ragionevolezza delle regole, ad iniziare dalla normativa fiscale, con una definitiva chiarezza sulla non imponibilità Ici-Imu sulle aree demaniali in concessione.
L’associazione chiede anche modifiche ai termini di fine concessione, ammodernamento della normativa sugli appalti pubblici, e l’unificazione e la concentrazione temporale dei controlli sulle merci nei porti da parte delle Amministrazioni pubbliche sull’esempio di quanto da anni in atto nei porti del Nord Europa.