Valenciaport preoccupata per la deviazione del traffico verso porti extra-UE per eludere il pagamento delle emissioni
La rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (carbon leakage) è un concetto per quantificare un aumento delle emissioni di gas serra in un paese a seguito di una riduzione delle emissioni da parte di un secondo paese con politiche di mitigazione del cambiamento climatico più severe. La rilocalizzazione delle emissioni di carbonio si riferisce alla situazione che potrebbe verificarsi se, per ragioni di costi legati alle politiche climatiche, le imprese dovessero trasferire la produzione in altri paesi con vincoli di emissioni più permissivi.
Ciò potrebbe portare ad un aumento delle loro emissioni totali. La rilocalizzazione delle emissioni di carbonio è definita come un aumento delle emissioni al di fuori dell’UE a causa delle politiche climatiche dell’UE. Poiché tali politiche influiscono sui costi dell’attività economica, soprattutto nelle industrie ad alta intensità energetica, potrebbero indurre le aziende a spostare la produzione in paesi con politiche più permissive in materia di emissioni di gas serra
Valencia. Perdita di competitività, riduzione delle attività di transhipment (trasferimento di merci da una nave all’altra), carbon leakage (emissioni) e dirottamento delle navi verso porti extraeuropei (ma molto vicini ai porti comunitari).
Questi sono i rischi che Valenciaport ha rilevato nell’imminente attuazione della tassa ambientale europea – Emissions Trading System (ETS) – che sarà applicata gradualmente da quest’anno fino alla sua piena attuazione nel 2026.
In questo senso, l’Autorità Portuale di València (PAV) allerta la Commissione Europea sui prevedibili cambiamenti nella rotta delle navi di origine asiatica e americana – con l’inclusione di una sosta in un sito vicino all’Europa, ma non nell’UE – per pagare meno tasse sui diritti di emissione.
“Bisogna garantire che non si verifichi una rilocalizzazione delle emissioni di carbonio legata alla riorganizzazione delle reti marittime”, sottolinea la PAV nelle sue accuse/preoccupazioni spiegate in una nota precisa. Per questo motivo, con l’obiettivo di creare un elenco di porti che potrebbero essere utilizzati a questo scopo, Valenciaport ha individuato le aree da monitorare.
Nelle sue accuse si afferma inoltre che alle navi che vi fermano dovrebbero essere applicate tasse ambientali. In questo modo si garantirebbe la competitività dei porti europei e spagnoli e si assicurerebbe l’applicazione di misure a favore della riduzione delle emissioni.
Questa riorganizzazione delle rotte comporterà la perdita di competitività dei porti dell’UE, che ridurrà da subito l’attuale attività di trasbordo a favore di due porti al di fuori dell’Unione Europea: Tanger Med (Marocco) e East Port Said (Egitto).
Pertanto, secondo le sue affermazioni, “l’Autorità Portuale di Valencia è pienamente d’accordo con l’inclusione di entrambi nella Direttiva 2003/87/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio”. Allo stesso modo, Valenciaport prevede che anche il porto turco di Tekirdag Asyaport – un altro dei porti extra-UE ma molto vicino all’Europa – possa diventare a breve termine un’area che attirerà le attività di trasbordo – che attualmente vengono effettuate in Europa porti. Per questo chiede all’Ue di inserirlo nell’elenco dei porti da monitorare poichè “soddisfa i criteri stabiliti dalla direttiva in quanto si trova a meno di 300 miglia nautiche da un porto sotto la giurisdizione di uno Stato membro” .
Inoltre, la PAV chiede che siano inclusi altri porti che potrebbero essere utilizzati dalle Compagnie di navigazione per lo stesso scopo: Ambarli, Aliaga e Mersin (Turchia); Ashdod e Haifa (Israele); e Beirut (Libano). E che venga controllata la crescita dei siti di Damietta II (Egitto), Nador West Med (Marocco) e Cherchell (Algeria).
“Comprendiamo che l’Ue debba prestare la dovuta attenzione all’evoluzione degli altri porti situati nell’area del Mediterraneo, poiché hanno installato capacità operative che li rendono potenziali enclavi verso cui potrebbero essere dirottati importanti volumi di trasbordo”.
È quanto sottolinea la PAV nelle sue accuse all’iniziativa europea ETS (Sistema di scambio delle Emissioni) che prevede l’addebito dei diritti di emissione in base alla rotta della nave: viaggi più lunghi significheranno una tariffa più alta e viceversa.