ROMA – I giuristi lo chiamano ambiguamente “parere interlocutorio” poiché ha la funzione di mantenere in vita un dialogo e non sottende una vera e propria bocciatura: sovente ci si dimentica che i pareri interlocutori hanno una valenza istruttoria e, pertanto, segnano l’insistenza di qualche minima criticità.
Ed è proprio un parere interlocutorio quello con cui, meno di un mese fa, il Consiglio di Stato si è espresso in merito all’imminente – scusate l’eufemismo – Regolamento sulle concessioni demaniali portuali: l’ultima bozza dello stesso ha già ricevuto il placet sia da Bruxelles che dal MEF.
La Sezione Consultiva per gli Atti Normativi ha mosso una serie di rilievi sull’attuale bozza di regolamento il cui testo si compone di 15 articoli. Partendo, non a caso, dall’analisi dei recenti casi di Trieste e La Spezia – a Trieste è stata prorogata di sessant’anni una concessione in scadenza – il Consiglio di Stato ha rimarcato la non conformità di tali condotte rispetto alla Legge 84/94: quest’ultima già illo tempore imponeva – vedere l’articolo 18 – idonee forme di pubblicità nella scelta del concessionario nonché una serie di clausole di salvaguardia quali, ad esempio, il controllo sulla realizzazione dei programmi di attività e la verifica della costante compatibilità della stessa concessione ai piani di sviluppo portuali.
Il Consiglio di Stato ha voluto, inoltre, rimarcare la distonia dell’ultima bozza di regolamento rispetto al principio di concorrenza nella parte in cui si rinvia alle c.d. procedure ad evidenza pubblica: “quest’ultime – si legge nel parere – rispondono certamente ai criteri di trasparenza richiamati nella riforma dei porti ma non integrano, in ogni caso, un procedimento di gara. Le procedure ad evidenza pubblica (c.d. avviso ad opponendum) garantiscono sì la pubblicità e visibilità dell’azione amministrativa, ma non limitano minimamente la discrezionalità dell’ente pubblico, stante l’assenza di un bando e la mancata predeterminazione di criteri di selezione delle domande”.
L’obiettivo è quello di giungere ad una normalizzazione dei margini di discrezionalità in capo all’ente pubblico che deve poter esprimere la propria scelta sulla base di criteri obiettivi: pensiamo, ad esempio, ai piani di investimento prospettati dal concessionario e al valore delle prestazioni rese ma anche alla sua capacità di fornire un ciclo completo di operazioni, relazionate alla complessiva affidabilità dell’impresa quale è desumibile dai requisiti personali e professionali.
Il Consiglio di Stato ha concluso il proprio parere chiedendo al MIT di “verificare la piena compatibilità del nascituro regolamento in relazione alla contestuale riforma della governance e delle competenze delle Autorità portuali, e agli interventi in materia di logistica nonché, non da ultimo, di piani regolatori e pianificazione di settore (oggetto tutti di richiamo nel testo in discussione ai fini della verifica di compatibilità delle concessioni)”.
E, data l’occasione, sarebbe il caso che il ministero guidato da Graziano Delrio tenesse in considerazione la proposta di Regolamento europeo che istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti presentata dalla Commissione Europea fin dal maggio 2013 (COM/2013/296).
Stefano Carbonara